La Real Colonia di San LeucioLa colonia di San Leucio E' l'esempio vivente del come i Borboni costruivano i nuovi borghi per sperimentarvi impianti industriali su basi di assoluta autonomia aziendale. Nata da un capriccio di Ferdinando IV o forse figlia dell'utopia sociale dell'età dei lumi, la Real Colonia ha comunque un grande merito: aver dato l'avvio ad una tradizione serica che oggi è ancora fortemente presente. Otto aziende operano attualmente nel distretto, una nicchia di mercato protetta in continua crescita: seicentocinquanta addetti, un fatturato annuo di sessanta miliardi, tecnologie produttive all'avanguardia. Il sito acquistato nel 1750 da Carlo III di Borbone in cui Ferdinando IV volle fondare la Real Colonia di San Leucio, piccolo nucleo urbano rappresentativo di una città ideale (Ferdinandopoli) in cui dare attuazione ad un programma innovativo di riforme sociali, introducendovi inoltre la manifattura della seta. Il sovrano attuò il suo disegno in tappe successive, secondo una serie di interventi forse non del tutto preordinata, che sfocierà comunque nell'istituzione della Colonia e nell'affermazione della sua vocazione manifatturiera: tra il 1773 ed il 1787 fece recintare il bosco di San Leucio, ampliare l'antico Casino del Belvedere, edificare - secondo uno schema di lotti abitativi disposti a schiera - i quartieri di San Ferdinando e San Carlo, installare i filatoi per la lavorazione della seta nel cortile del Belvedere.
Nel 1789 San Leucio venne dichiarata ufficialmente Real Colonia e dotata di un codice di leggi ispirato al programma di rinnovamento sociale di stampo illuministico redatto nel 1769 da Bernardo Tanucci, allora ministro del Regno. Da ricordare inoltre l'opera, stampata nel 1789, sull'Origine della popolazione di San Leucio, in cui Ferdinando IV ripercorre la storia della fondazione del piccolo centro serico e di cui è oggi disponibile una stampa anastatica su carta di Amalfi. L'origine della produzione serica a San Leucio risale all'anno 1776, quando venne aperta nell'edificio della vaccheria una piccola manifattura di veli di seta. Considerati incoraggianti i risultati di questa prima iniziativa, venne avviata nel 1782 la lavorazione di calze di seta. Quindi, a partire dal 1785, si dette inizio alla lavorazione a cottimo di drappi di seta, dotando di telaio i gruppi familiari alloggiati nelle abitazioni a schiera dei quartieri di nuova edificazione. L'ultimo passo, determinante per l'istituzione della Colonia, fu quello di riunire tutte le lavorazioni in un nuovo opificio costruito da Francesco Collecini a ridosso del Belvedere. Accanto alle maestranze locali, vennero impiegati a San Leucio artigiani francesi (soprattutto di Lione), genovesi, piemontesi e messinesi. Interessante è l'elencazione che Giovanni Tescione, nella sua monografia "L'arte della seta a Napoli e la Colonia di San Leucio" (Napoli, 1932), fa delle produzioni realizzate nella manifattura ferdinandea tra il 1790 ed il 1805: veli, nobiltà, ormesini, pekins, rasi, saie e saioni, floranze, lame e lastre d'argento, velluti, mussulmani, stoffe broccate di seta, d'oro e d'argento, scialli, fazzoletti, calze da uomo e da donna, guanti, gilets, calzoni, berrettini e borse a maglia, vesti a merletti, merletti a filoscia, fettucce, a cui si aggiunsero, a seguito del decennio francese e dell'influenza della moda parigina, rasini, levantine, reps, mille punti, zeffiri, Virginie, pekin velluté, batiste. Non è questa la sede per ripercorrere tutte le tappe della storia aziendale di San Leucio da Ferdinando IV ai giorni nostri. Basti accennare al fatto che, in realtà, l'unico periodo felice della Reale Manifattura fu quello iniziale, affidato alla gestione del cavaliere Domenico Cosmi, ufficiale maggiore della Real Segreteria di Casa Reale. Le successive gestioni, nonostante l'introduzione di innovazioni tecniche (telaio Jacquard e macchina del lisage) ed i contratti di concessione stipulati con imprenditori tessili del Nord (Wallin e Maranda, De Welz, Baracco) non riuscirono a portare in attivo la manifattura borbonica. Con l'unità d'Italia i beni mobili ed immobili dell'opificio passarono al demanio e l'attività produttiva venne data in concessione ai francesi Pascal prima ed ai Mezzacapo di Cava de' Tirreni poi. Ma al di là delle vicende imprendioriali dell'opificio borbonico, bisogna riconoscere a Ferdinando IV il merito di aver dato avvio, alla fine del XVIII secolo, ad una tradizione serica che a San Leucio è ancora fortemente presente: verso la fine del XIX secolo, mettendo a frutto l'esperienza lavorativa maturata nella seteria ex-borbonica, un certo numero di operai particolarmente intraprendenti diede vita a piccole aziende familiari, alcune delle quali (Setificio Cicala, 1883; Antico Opificio Serico De Negri, 1895) esistono ancora oggi, accanto ad altre seterie fondate in epoche successive.
Attualmente operano nel distretto otto aziende (oltre alle due citate, la Industrie Tessili Alois, la Manifattura Tessile Boccia, la Alois, la Passamanerie San Leucio, la Arte Seta Alois, la Giuseppe De Negri e Figli, quasi tutte localizzate negli immediati dintorni di San Leucio. La caratteristica delle seterie di San Leucio è quella di essersi specializzate, in seguito ad un processo di riorganizzazione aziendale che ha comportato il superamento della dimensione artigianale e l'adozione di moderne tecnologie produttive, nella lavorazione di tessuti in seta di altissima qualità per l'arredamento. Questa particolare produzione può essere considerata una nicchia protetta di mercato destinata ad un segmento di élite (grandi alberghi, ambasciate e simili), caratterizzata da un elevato valore aggiunto e da un trend positivo di crescita nonostante la flessione del comparto serico.
Nel complesso, il distretto di San Leucio impiega circa 650 addetti ed ha realizzato nel 1995 un fatturato di 60 miliardi, almeno il 60% del quale destinato a mercati stranieri, soprattutto europei, statunitensi ed arabi. Nel 1992 le otto aziende hanno dato vita al Consorzio San Leucio Seta, la cui finalità originaria era quella di gestire in maniera unitaria da parte delle società consorziate gli acquisti di materie prime (soprattutto seta dalla Cina, ma anche cotone dall'Egitto e dall'India, lino dall'Irlanda e dalle Fiandre, viscosa dall'Indonesia), in modo da ottenere migliori condizioni di prezzo in considerazione dei maggiori quantitativi acquistati. A questa importante funzione se ne sono aggiunte altre, quali il controllo di qualità sulle materie prime, la gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione, la promozione dell'immagine del distretto serico di San Leucio. Per finire, un cenno alla tecnologia produttiva, che è assolutamente all'avanguardia: si fa innanzitutto un bozzetto manuale del disegno che si intende realizzare; il bozzetto in questione viene digitalizzato tramite scanner ed elaborato in una stazione CAD/CAM in tutte le sue caratteristiche (colori, spessore, materie prime da impiegare ecc.) fino a raggiungere un disegno definitivo; l'informazione relativa viene quindi trasferita ad un telaio che, pur essendo completamente meccanizzato e comandato dal computer, riproduce le caratteristiche della lavorazione a mezzo telaio Jacquard dando vita ai tessuti. |
| CASERTAVECCHIA sorge alle pendici dei mondi Tifatini ad una altezza di 401m, e facilmente raggiungibile da più punti , e dista dalla Reggia Vanvitelliana di Caserta, circa 10 Km in direzione Nord-Est. Le origini del paese ancora oggi non sono certe, ma secondo alcuni scritti del monaco Benedettino Erchemperto che risalgono all'anno 861,si parla di un primo nucleo urbano, sulle montagne denominate "Casahirta" (dove casa sta per villaggio e hirta o erta per aspra, ripida, di difficile accesso). Il Borgo originalmente edificato su un pre-esistente villaggio romano nel corso degli anni ha subito varie dominazioni.Originalmente appartenne ai Longobardi e nell'879 fu dato al Conte Pandulfo di Capua. Nel secolo IX a seguito di vari eventi bellici, quali incursioni saracene e devastazioni di Capua, gli abitanti e il Clero si videro costretti a cercare rifugio in luoghi più sicuri, come quelli montani.E fu proprio in seguito a questi eventi che la popolazione aumento notevolmente, e cosicché alla fine fu trasferita anche la sede vescovile. Nel 1062 Casertavecchia venne occupata da Riccardo I di Aversa, e da qui ebbe inizio la dominazione Normanna che porto il paese al suo massimo splendore nell'anno 1100-1129 con la costruzione della attuale Cattedrale sotto l'episcopato di Rainulfo, e la sua consacrazione nell'anno 1153 al culto di San Michele Arcangelo. Con alterne vicende altri feudatari successero a Riccardo I, finché il Borgo non passo sotto la dominazione degli Svevi con Riccardo di Lauro (1232-1266), il quale ne accrebbe la fama e lo valorizzo fino a farlo giungere al suo massimo splendore e importanza anche in campo politico. E pare che si debba proprio a Riccardo di Lauro la costruzione al castello della grande torre cilindrica superstite. Nel 1442 il Borgo passa sotto la dominazione aragonese, e qui inizia la sua parabola discendente, Casertavecchia vede lentamente decadere la sua importanza, poiché la vita incomincia a svilupparsi in pianura.Restano a Casertavecchia solo il vescovo e il seminario, che continuano a dare una minima importanza al Borgo. Questo fino all'anno 1842, quando Papa Gregorio XVI ne sancì il definitivo trasferimento alla nuova Caserta. In seguito con il dominio dei Borboni nell'Italia meridionale e la costruzione della reggia, il nuovo centro di ogni attività diventa Caserta e per forza di cose gli abitanti della vecchia cittadina dovettero spostarsi in pianura. A ricordo ancoM NN ra dello splendido passato che fu restano il Duomo, il campanile, i resti del castello e le strade dell'intero Borgo tutte in stile siculo-normanno. Quindi come si e visto numerose sono le testimonianze artistiche e culturali, che sottolineano l'importanza del borgo, scopriamole in un piccolo percorso virtuale che ci presenta gli elementi più caratteristici. |