MONTESANO SULLA MARCELLANA Chi entra nel Vallo di Diano percorrendo l’autostrada Salerno - Reggio Calabria in direzione Sud, ha la possibilità di osservare i paesi che gli fanno corona, disposti quasi tutti sulle alture. Ma già da lontano non può fare a meno di notare, sulla sinistra, un paese posto più in alto degli altri: è Montesano sulla Marcellana, con le case addossate alle pendici di un colle compreso nella Catena appenninica della Maddalena, che con i suoi 850 m. di altitudine domina l’intera Vallata. Al di là delle varie leggende, il toponimo indica in modo inequivocabile i motivi che ne determinarono l’insediamento iniziale. Il casale risale verosimilmente a prima dell’anno Mille e sicuramente ha origine in seguito alla distruzione di Cesariana e di altre città della Valle ad opera dei Saraceni nel 915 d.C. Le prime notizie si hanno da una pergamena datata novembre 1086, conservata nel grande archivio della Badia della SS. Trinità di Cava dei Tirreni (SA). Si tratta di un diploma del Conte Ugo D’Avena che, insieme con la moglie Emma ed il figlio Ugo, dona a Pietro Pappacarbone, abate di detta Badia, tre monasteri tra cui quello”….Sancti Simeonis in loco pertinentiis de CASTELLO MONTESANO cum omnibus rebus sibi pertinentibus ….”. Il nome ricompare, poco dopo, nel privilegio che Ruggiero II, RE di Sicilia, concesse all’abate Leonzio di Grottaferrata nell’aprile del 1131. Tra le grancie di pertinenza della famosa Abbazia è menzionata quella “...Sancti Petri de Tomusso, quae est in territorio MONTISSANI …”. Per la salubrità dell’aria, la ricchezza delle acque e la fertilità del suolo, Montesano fu “Feudo” ambito da molti “Signori” nel periodo medievale. Il primo di cui si ha notizia fu Annibaldo di Trasmondo di Roma, che l’ebbe in dono dal Re Carlo D’Angiò nel 1269. Nel 1271 passò ad Arnolfo Pelagalli che lo dominò per 32 anni. Nel 1303 era in potere di Nicola de Molinis e, due anni dopo, di Iozolino d’Amendolia. Fu in questo periodo che il borgo conobbe le devastazioni delle guerre e perciò il governo angioino gli accordò l’esenzione fiscale per tre anni. Fu, in seguito, dominio di Guglielmo de Ponziaco e poi di suo figlio Giovanni fino al 1320, anno in cui passò alla di lui moglie Francesca de Laia. Nel 1333 era Signore di Montesano Roberto de Ponziaco, Maestro razionale della Gran Corte. Nel 1337 Guglielmo Sanseverino, figlio del conte Tommaso, fondatore della Certosa di Padula, comprò il feudo dal suddetto Roberto e, nel 1346, lo cedette a sua moglie Margherita di Scotto, che lo tenne col titolo di Contea per ben 54 anni. Nei successivi trecento anni molti altri Signori si avvicendarono nella dominazione del Borgo; tra gli altri si ricorda Guglielmo Sanseverino al quale il feudo venne tolto nel 1496 per ribellione al Re Federico d’Aragona e dato a Dimas de Requesens. Nel 1580 l’Università, per scrollarsi di dosso l’odiato giogo feudale, si “proclamò al regio demanio” sborsando la gravosa somma di 30.000 ducati. Ma la libertà durò ben poco. Infatti nel 1618 il Feudo fu venduto “sub asta Regiae Camerae” ad Agostino Ambrosino. Nel 1622 con Regio Assenso, passò a Beatrice Capece Minatolo, che lo tenne fino al 1628, anno in cui fu acquistato da Fulvio Ambrosino. Da questi lo comprò, nel 1636, la Certosa di Padula, ultima padrona, per 52.500 ducati e lo tenne fino all’abolizione della Feudalità. Per gli abitanti, nel corso di tutti questi secoli, la vita non trascorse certamente tranquilla a causa di continue carestie, epidemie e terremoti che periodicamente facevano la loro comparsa. Nel 1348 ci fu la peste nera che si rifece viva nel 1656, decimando letteralmente la popolazione, i cui “fuochi”, che nel 1648 erano 400 (2.000 abitanti circa), nel 1669 erano scesi ad appena 108 (540 abitanti circa). Nel ‘700, però, si verificò una sensibile ripresa demografica con conseguente incremento del tessuto urbanistico. La ventata rivoluzionaria che investì il Meridione con la proclamazione della Repubblica Napoletana nel 1799, fece sentire i suoi effetti anche a Montesano, dove si verificarono tumulti e violenze tra monarchici e repubblicani, questi ultimi decisi a modificare il vecchio assetto sociale. Il 17 febbraio fu barbaramente ucciso il “democratizzatore” Nicola Cestari, che era stato eletto presidente della Municipalità. Ristabilito l’ordine, Montesano divenne libero Comune e potè godere di un periodo di relativo benessere. Il 21 ottobre 1860, in occasione del Plebiscito per l’annessione al Regno d’Italia, il paese fu al centro di una rivolta ad opera di filoborbonici. La reazione, però, fu presto domata anche per l’intervento di truppe delle Guardie Nazionali dei paesi limitrofi. Intanto tre anni prima e precisamente il 16 dicembre 1857 un violento terremoto aveva spazzato via le tracce materiali delle passate dominazioni, distruggendo il castello insieme con le due chiese parrocchiali di S. Nicola e S. Andrea. Nell’occasione si ebbero 5 morti e 5 feriti. Con la cacciata dei Borboni e la costituzione del Regno d’Italia, anche nel territorio di Montesano si diffuse la piaga del brigantaggio ad opera di bande provenienti dal Cilento e dalla vicina Basilicata. Attualmente il paese si articola in diverse frazioni, le più importanti delle quali, dopo il Capoluogo, sono: Arenabianca, Montesano Scalo, Prato Comune, Tardiano e Magorno. L’economia si regge in prevalenza sull’agricoltura e sull’artigianato. L’allevamento zootecnico permette la produzione di squisiti salumi e di ottimi derivati dalla lavorazione del latte. Dal punto di vista ambientale, vera ricchezza del territorio, è senz’altro il complesso termale, immerso nel verde e rinfrescato da sorgenti cristalline. Di esse, una in particolare, con proprietà oligominerali, viene immessa sul mercato nazionale ed internazionale dallo stabilimento “Sorgenti Santo Stefano”. Nel 2001, ad opera di benemeriti cittadini e col patrocinio dell’Amministrazione Comunale, è stato allestito un interessante “Museo Civico” che richiama visitatori da più parti.
Prof. Gennaro Arteca |
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